I bronzi che restituisce il Mare Nostrum sono tutti ritrovamenti involontari

Il 99% dei bronzi romani ripescati nel Mare Nostrum sono ritrovamenti casuali. E troppo spesso ce ne dimentichiamo.

L’elenco è stato fornito alle celebrazioni del 50mo anniversario della scoperta dei Bronzi di Riace, culminate nel novembre scorso scorso con un convegno internazionale tenutosi nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.  Tra gli interventi, spiccava la relazione di Luigi Fozzati, già soprintendente Archeologia del MiC e già docente di Archeologia subacquea all’Università di Venezia, e di Andrea Camilli, realizzatore e direttore del Museo delle navi antiche di Pisa: «Il Mediterraneo e il rinvenimento di reperti bronzei: dal caso alla necessità», ovvero una panoramica dei più importanti bronzi scoperti nel Mar Mediterraneo (e non nelle acque interne), partendo dalla Liguria e arrivando fino all’alto Adriatico.

Riepiloghiamo quindi, a seguire e a beneficio del lettore, questi importanti ritrovamenti avvenuti dal 1500 ad oggi, scoperte che hanno segnato la storia dell’archeologia e spesso integrato, se non modificato, le nostre conoscenze sulla Romanità.

Se, come è stato sottolineato, la quasi totalità dei rinvenimenti è casuale, occorrerà passare dal caso alla ricerca, altrimenti il rischio è la perdita dei dati archeologici che, uno per tutti, sono quelli che oggi mancano ai Bronzi di Riace per i quali resta preponderante l’aspetto storico artistico.

Il Proembolon, conservato a Genova
Il Proembolon, conservato a Genova

PROEMBOLON (1597)
È la prima scoperta in assoluto di un bronzo nel Mar Mediterraneo avvenuta nel 1597 nel porto di Genova, la struttura portuale più studiata di tutta Italia. Si tratta di una scoperta documentata da un quadro dell’epoca che testimonia i lavori degli operai nel sito del rinvenimento. Il reperto, un pesante cartoccio di metallo che una volta lavato era stato scambiato per un rostro, in realtà è un cinghiale. I Savoia lo trasferirono a Torino dove si trova tuttora, nonostante le ripetute richieste di Genova perché torni nella sua città. Manca il contesto.

RITRATTI DELLA MELORIA (1722)
Curioso caso di scoperta recente, nel 1722 nelle secche della Meloria (Livorno): all’epoca del rinvenimento i ritratti furono ritenuti romani, poi gli studi hanno dimostrato essere rifusioni di bronzo antico e tardorinascimentale (conservati nel Museo Archeologico di Firenze). La scoperta, casuale, fa parte di una serie di ritrovamenti avvenuti nello stesso luogo. Si tratta probabilmente del carico tardorinascimentale di un relitto mai trovato, nonostante le ripetute ricerche effettuate nell’area.

APOLLO DI PIOMBINO (1834)
Uno dei pochi reperti finiti al Louvre acquistati legittimamente. È un’opera molto discussa, si tratta di una copia tardoellenistica; più o meno noto il luogo del rinvenimento, non è mai stato localizzato.

TESTA DI APOLLO SALERNO (1930)
Bellissima testa di Apollo rinvenuta da un pescatore al largo di Salerno: pur conoscendo il giorno, il mese e l’anno, non si conosce il luogo del rinvenimento e non sono mai state effettuate ricerche. È conservata nel Museo Archeologico provinciale di Salerno, attualmente chiuso al pubblico.

ATLETA DI FANO (1964)
Noto anche come «Bronzo Getty» e oggetto di un lunghissimo contenzioso con gli Stati Uniti dov’è conservato. Ancora incerto il suo rientro in Italia dal momento che per il diritto americano è stato (ovviamente) sancito il legittimo acquisto in buona fede. A causa della mancanza del contesto, sono fiorite più leggende intorno alla scultura attribuita a Lisippo (IV secolo a.C.). L’attribuzione che acquista maggior credito è di Antonietta Viacava che ha riconosciuto nelle fattezze del quindicenne Seleuco Nikatore, diadoco di Alessandro Magno e sovrano di un regno che si estendeva dalla Siria all’Indo.  L’attribuzione ha ricevuto una convalida proprio da Rodolfo Battistini, noto critico d’arte fanese.

l'Atleta di Fano
l’Atleta di Fano

ANFORA DI BARATTI (1968)
In argento, è uno degli esemplari più clamorosi di oggetti metallici dell’archeologia subacquea e marina (è conservato nel Museo Archeologico del territorio di Populonia). Si tratta di un reperto notevole, tardoromano, di manifattura probabilmente asiatica ispirato a concezioni neoplatoniche del III-IV secolo d.C. L’anfora è stata rinvenuta impigliata nell’ancora di un peschereccio nel canale di Piombino, zona ricchissima di ritrovamenti subacquei, la più ricca d’Italia, che ha restituito svariati oggetti di pregio, essendo un luogo fortemente caratterizzato a livello residenziale con le ville dei maggiorenti romani: notevole il transito dei beni di lusso.

RELITTO DI PORTICELLO (1969)
Uno dei pochi relitti scavati e indagati a partire dal 1970 di cui si conosce il contesto che ha permesso di inquadrare storicamente il relitto e il suo carico affondati tra la fine del V e l’inizio del IV secolo a.C. Facevano parte del carico la cosiddetta Testa del filosofo e la Testa di Basilea, entrambe del V secolo a.C., conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.

BRONZI DI RIACE (1972)
Scoperti casualmente nell’agosto 1972 da Stefano Mariottini che, nuotando al largo di Riace, scorse parte di un braccio tra la sabbia del fondale. Lo studio delle terre di fusione ha permesso di stabilire la provenienza greca delle due sculture, bronzo A (a destra) e bronzo B (a sinistra). Aperto il dibattito sulla loro identificazione con tante ipotesi. Al di là dell’indiscutibile bellezza, non è stato rinvenuto il sito nonostante ripetute ricerche.

NETTUNO ED ERCOLE (1980)
Piccoli bronzi alti 30 cm recuperati davanti al lido di Venezia: sono gli unici due bronzi superstiti di una raccolta fatta a scopo di lucro da subacquei e dispersa sul mercato antiquario.

RELITTO IULIA FELIX (1992)
Testa di Minerva (contrappeso di una stadera) e una statua di Poseidone recuperati davanti Grado in Friuli Venezia Giulia e appartenenti a una nave romana.

SATIRO DANZANTE DI MAZARA DEL VALLO (1997)
La statua bronzea è stata rinvenuta sui fondali rocciosi del canale di Sicilia in due tempi: nella primavera del 1997 viene alla luce la gamba sinistra rimasta incagliata nelle reti, l’anno successivo, grazie all’utilizzo del loran, il corpo privo dell’altra gamba e delle braccia, entrambi recuperati dal peschereccio Capitan Ciccio. È verosimile ipotizzare che la statua facesse parte di un carico di una nave naufragata tra la Sicilia e Capo Bon in un periodo di grande diffusione del commercio antiquario nell’antichità. Dal 2005 il bronzo è esposto nel Museo a lui dedicato nella Chiesa di Sant’Egidio a Mazara del Vallo. La statua è riconducibile a un’opera di ambiente greco databile alla fine del IV secolo a.C.

Aegadian_Islands_mapBATTAGLIA DELLE EGADI (2005)
Si tratta di un’importante scoperta avvenuta in Sicilia e dalla storia particolare: l’archeologo Sebastiano Tusa viene a conoscenza di quest’area archeologica grazie a uno dei suoi allievi (di professione dentista) della Facoltà di archeologia navale di Trapani in possesso di un rostro donatogli da un suo paziente (pescatore) che l’aveva pescato in mare. Insieme sono andati sul sito del ritrovamento e da qui è nata la ricerca che ha portato all’identificazione del luogo della famosa battaglia delle Egadi dove i Romani vinsero contro Cartagine nel 241 a.C. (prima guerra punica). Tantissimi materiali recuperati a 50 metri di profondità, tra cui molti elmi e oltre 25 rostri, oggi restaurati.

ROSTRO DI ACQUALADRONI (2008)
Ritrovato fortuitamente nel settembre 2008 a circa otto metri di profondità. Manca completamente il contesto. Secondo gli studiosi è un reperto straordinario: sul fianco del rostro che ricorda il rostro di Nettuno, al centro è raffigurata una sciabola con una novità stilistica che troviamo solo in pochi rilievi.

All’elenco mancano, apparentemente, i magnifici larari augustei detti di Comacchio (https://www.saturniatellus.com/2022/06/mistero-dei-larari-trovati-nel-po-doni-augusto/), ma trattasi di un ritrovamento avvenuto in acque interne.

Fonte: www.ilgiornaledellarte.com