La sorprendente Basilica sotterranea di Porta Maggiore, tempio del pitagorismo

IMG-8036L’hanno riaperta per alcuni giorni nel marzo dello scorso anno, per poi richiuderla, il tempo strettamente necessario per presentare al pubblico (ma chi lo ha saputo?) la nuova illuminazione e i nuovi restauri. Poi di nuovo un altro cantiere per la sua conservazione, in particolare per il restauro della volta della navata sinistra.

È comunque questa una ulteriore tappa promossa dalla Soprintendenza Speciale di Roma per restituire a mondo una meraviglia architettonica che è un unicuum nel paganesimo romano: la Basilica Pitagorica di Porta Maggiore di Roma, monumento risalente al I secolo dell’era comune.

La Basilica è un luogo magico per la sua natura sotterranea, resa ancor più affascinante dal mistero sul suo uso: da oltre un secolo archeologi e storici discutono se si tratti della sede di culti misterici o di un monumento funerario.

La Basilica è venuta alla luce il 23 aprile 1917 in seguito a un cedimento della linea ferroviaria Roma-Cassino, a circa 9 metri sotto il livello della via Prenestina.

L’edificio è un esempio eccezionale se non unico dell’architettura della età imperiale: non avendo subito i pesanti rimaneggiamenti tipici della maggior parte delle costruzioni della Roma antica, si è conservata così come era stata progettata e realizzata, con una sontuosa decorazione musiva, pittorica e a stucco. Altrettanto particolare è il complesso sistema di costruzione. La Basilica è stata realizzata già sotterranea per fasi successive: scavo, riempimento con getti di calce e pozzolana con blocchetti di selce della struttura portante, mura e pilastri. Infine gli ambienti furono svuotati dalla terra.

Al momento della sua costruzione la Basilica si trovava in un’area suburbana, denominata Horti Tauriani: l’area figurava tra le vaste proprietà terriere della gens Statilia, cui appartiene anche il Colombario dei liberti della famiglia le cui iscrizioni sono conservate al Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano.

L’edificio è stato chiuso per i due anni di Covid e in questo periodo, oltre all’illuminazione, sono stati realizzati nuovi restauri e studiato il microclima interno. Per la natura ipogea del monumento, sulla decorazione della Basilica si creano infatti periodicamente efflorescenze, macchie di carbonatazione, patine di microrganismi.

Alla base del progetto della nuova illuminazione la valorizzazione della luce naturale che penetra dal lucernario del vestibolo che evidenzia ora i chiaroscuri tra i bassorilievi a stucco e i volumi architettonici e suggerisce il colore azzurro dell’abside, dipinta con un pigmento costoso, la fritta egizia, asportata già in antico. Realizzato con luci a led di vari colori e gradazioni, l’impianto diffonde la luce tenue tipica degli ambienti sotterranei.

Il nuovo restauro ha interessato la parete d’ingresso e i pilastri della navata sinistra, nonché la parte inferiore del vestibolo, affrescata su uno sfondo di colore rosso. Riemergono così le pitture di figure umane, animali e paesaggi della più raffinata arte dell’età Giulio-Claudia.

LA STRUTTURAbasilica pitagorica roma

Il complesso della Basilica si compone di un corridoio, di un vestibolo e di una sala principale a tre navate con abside centrale: il più antico esempio di pianta basilicale rivenuto a Roma. L’accesso dall’antica via Prenestina era costituito da un lungo corridoio con volta a botte che con una forte pendenza si collegava al vestibolo a pianta quadrangolare (di 3,60 x 3,60 metri), con volta a padiglione con un lucernario che riproduce la forma dell’aula basilicale.

L’apparato decorativo del vestibolo è caratterizzato dalla policromia sulla volta, ripartita in quadretti figurati, sulle pareti decorate a stucco invece si ripetono paesaggi con la presenza di uccelli e ghirlande floreali. Nella parte inferiore, lo zoccolo di colore rosso, oltre ai paesaggi si apprezzano figure umane dipinte.

L’ambiente principale (di 12 x 9 metri per complessivi metri quadrati 108) è rettangolare suddiviso da sei pilastri in tre navate coperte con volte a botte. La navata centrale, più ampia rispetto alle laterali, presenta sul fondo un’abside semicircolare. Nell’aula basilicale predomina il colore bianco della decorazione a stucco, mentre i pavimenti sono a mosaico in bianco e nero, e lo zoccolo è affrescato in rosso morellone come nel vestibolo.

Sulle pareti e sulle volte si dispiegano varie serie di splendidi stucchi figurati: nel catino dell’abside è raffigurata Saffo nell’atto di lanciarsi dalla rupe di Leucade. Anche le altre rappresentazioni riconducono alla mitologia classica (come Ganimede rapito da un genio alato, il ratto di una delle figlie di Leucippo, Orfeo ed Euridice, Medea e Giasone), cui si aggiungono scene di vita quotidiana o rituali mistici. Sulle pareti si moltiplicano le figure femminili di offerenti, le immagini di oggetti come vasi, candelabri, strumenti musicali e grandi pannelli con raffigurazioni paesaggistiche stilizzate.

L’organicità e l’eleganza della decorazione permettono comunque di datare il monumento al primo secolo dell’impero, sia per la scelta dei soggetti che per lo stile della realizzazione, i cui confronti più stringenti si ritrovano, sempre a Roma, nei coevi esempi della villa della Farnesina, del criptoportico sul Palatino e della Sala dalla volta dorata nella Domus Aurea.

LE IPOTESI SULLE FUNZIONI

Il fascino della Basilica è anche dovuto al mistero sulla sua funzione: è stata infatti interpretata come luogo di culto oppure come edificio funerario.

Una interpretazione cultuale è stata avanzata da Jerome Carcopino che attribuisce il complesso alle proprietà di Tito Statilio Tauro, accusato di pratiche magiche da Agrippina, la madre di Nerone, e che, per non subire l’onta del processo, si tolse la vita nel 53 dopo Cristo. Tito Statilio Tauro avrebbe fatto parte di una setta misterica che fornì il pretesto per le accuse di stregoneria, e Carcopino identifica la basilica con la sede di un culto neopitagorico per la scelta del sito, per l’impianto planimetrico e per la decorazione.

L’edificio è stato interpretato anche come luogo di culti orfici. Un altro storico, Gilles Sauron, confermando la proprietà alla famiglia degli Statili, identifica l’edificio come la tomba di un altro Tito Statilio Tauro, vissuto trenta anni prima, collaboratore e amico di Augusto.

I recenti restauri e studi hanno fatto ipotizzare due momenti nella realizzazione decorativa della Basilica, una riferibile all’età augustea e l’altra all’età neroniana, che potrebbero rimandare ai due personaggi omonimi della gens Statilia, e suggerire forse un cambio d’uso del complesso nella prima metà del I secolo.

E’ pure possibile che le due funzioni, monumento funerario e luogo di culto misterico possano ma aver convissuto.

Interessante, a tale proposito, la disamina che ci restituisce Salvatore Aurigemma, già soprintendente alla Antichità del Lazio, in un libricino sulla basilica pubblicato dal Poligrafico dello Stato nel 1976. Qui Aurigemma rileva che a contrastare l’ipotesi “Pitagorica” sostenuta tra gli altri anche da Franz Cumont e Goffredo Bendinelli, sarebbero le figurazioni e bassorilievi parietali che non hanno alcun legame con il pitagorismo, come la scena di un pigmeo che torna dalla caccia alla gru, giocolieri africani, scene di palestra e di scuola, una scena nunziale, Medea che rimira i corpi dei figli uccisi, Giasone che conquista il vello d’oro, Calcante e Ifigenia in Aulide, il centauro Chirone e Achille.

Rimane però che la gran parte delle figure si presta assai bene a qualificar la basilica come un luogo di culto dei misteri. Lo testimoniano, oltre alla figure del tiaso dionisiaco, i quadri che rappresentano Demetra con il giovane Trittolemo, Ercole che riceve i pomi da una delle Esperidi, la punizione delle Danaidi, la punizione di Marsia, Ermete psicopompo, l’arrivo di un’anima alla sede dei beati, le scene di culto agreste, le mense sacre, il ratto di Ganimede e quello di Leucippide e infine il quadro con Saffo che si lancia dalla rupe in mare ed è accolta da un tritone che la conduce allo sposo, mentre Apollo le protende una mano destra.

Se l’ipotesi pitagorica è vera, conclude Aurigemma, si spiegherebbe anche la vita breve della basilica, che non porta traccia di restauri in antico e che risulterebbe già chiusa alla fine del primo secolo dell’impero – forse per ordine del Senato che mal tollerava le pratiche di spiritismo e divinazione nelle quali potrebbe aver deviato il pitagorismo ivi professato.

I LAVORI PER RIPORTARE ALLA LUCE LA BASILICAIMG-8035

Già nel 1917, subito dopo la scoperta,  l’allora soprintendente ai Musei e agli Scavi della Provincia di Roma Giuseppe Angelo Colini provvide a far rimuovere la gigantesca quantità di terra che il cedimento della ferrovia aveva provocato all’interno della basilica.

Si provvide poi ad esplorare l’antica galleria  che scendeva nel monumento ed a costruire la scale che sino al 1952  ha consentito la visita al monumento.

In considerazione degli imponenti stillicidi d’acqua che si verificavano , si ventilò l’idea di una copertura impermeabile. Il progetto fui tradotto in atto nel 1924.

Diversi elementi tuttavia contribuirono a rendere scarsamente efficace la soluzione adottata, anche a causa delle continue vibrazioni che il passaggio dei treni comportava (e comporta ancora oggi). Gli stillicidi, infatti, non si fermavano.

La direzione delle Ferrovie dello Stato  dispose allora la realizzazione di due cunicoli  esplorativi per verificare definitivamente la natura e la provenienza delle acque e le soluzioni possibili. Le esplorazioni diedero esito definitivo: si doveva procedere all’isolamento totale della basilica. Il terribile bombardamento angloamericano di Roma del 19 luglio 1943  che colpì pesante nell’area, consolidò la decisione.

Causa guerra e urgenze di ricostruzione più impellenti, il lavori inizieranno solo nel 1951.

L’operazione ha portato all’incapsulamento della basilica in una gabbia impermeabile d’acciaio e cemento ed ha richiesto una particolare perizia ingegneristica, operando sottoterra. Oggi la basilica è in sicurezza ed asciutta, definitivamente.

Ecco alcuni dati dei lavori eseguiti nel 1951/52: 24 mila giornate lavorative, 1000 quintali di acciaio semiduro, 5000 metri cubi di calcestruzzo, 530 metri cubi di cemento armato e trecentoventi milioni di lire di spese. I nomi: il ministro dell’Istruzione Guido Gonella, il direttore generale per le Antichità e le Belle Arti Guglielmo de Angelis d’Ossat, il Ministro dei Trasporti Ludovico d’Aragona, il direttore generale delle Ferrovie dello Stato Giovanni di Raimondo, gli ingegneri Filippo Fazio, Ruben Fienga, Ezio Orlandini e Vittorio Perrone, il progettista Mario Rubin, l’impresa Adolfo Ghella.

E infine una menzione per chi ci ha fatto conoscere il prezioso e introvabile libello del Poligrafico: l’avvocato Massimiliano Kornmuller, saggista, artista e noto studioso della religione etrusca.

Paolo Casolari

IMG-8033

IMG-8032

basilicapitagorica_20191119130247

Saffo che si lancia in mare dalla rupe
Saffo che si lancia in mare dalla rupe