I Bronzi di Riace non sarebbero eroi divinizzati, ma Pericle e Temistocle

thQuest’anno si celebrano i 50 anni dal ritrovamento dei Bronzi di Riace.

Le due magnifiche statue sono sempre state oggetto di ipotesi controverse circa l’attribuzione e circa la provenienza.

Già nel 2015 fece scalpore il saggio del dottor Anselmo Madeddu, presidente dell’Ordine dei medici di Siracusa, ma anche ricercatore storico, che sostiene l’origine siciliana dei Bronzi e ipotizza che la Statua B rappresenti il tiranno di Siracusa Gelone, vittorioso a Imera contro i Cartaginesi, celebrato in un trittico statuario (che sarebbe esistito presso l’agorà di Akradina nel IV-V sec. a.e.c.) nell’atto di spogliarsi di vesti e armi affiancato da due guerrieri di scorta, uno dei quali sarebbe la Statua A e il secondo la Statua scomparsa (il misterioso terzo Bronzo di Riace di cui parlano alcune cronache giudiziarie), tutte naufragate nel trasporto da Roma a Costantinopoli nel Terzo secolo.

Oggi però un recente nuovo studio archeologico ne rivoluziona ancora l’attribuzione.

Si tratta di una ricerca, corredata da studi anatomici e storici, curata dal professor Riccardo Partinico direttore del Laboratorio di Anatomia Archeostatuaria di Reggio Calabria.

Le conclusioni ipotizzano che i due Bronzi, oggi custoditi presso il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, rappresentino gli Ateniesi Temistocle e Pericle, politici di spicco e militari famosi per aver guidato gli eserciti alla vittoria nelle più importanti guerre nel V secolo a. C..

L’ipotesi è fondata sulla comparazione con analisi effettuate dal Ministero per i Beni Culturali ed è stata illustrata l’11 giugno scorso all’assemblea generale Panathlon international tenutasi all’Università di Losanna (Svizzera).

Ripercorriamo i capisaldi della ricerca, rinviando i dettagli alla presentazione, visibile qui (2022-bronzi-nelleta-di-pericle)

Statua "A" - Temistocle
Statua “A” – Temistocle

RITROVAMENTO E DATAZIONE

I Bronzi di Riace sono stati ritrovati il 16 agosto 1972 in provincia di Reggio Calabria, in località Porto Forticchio di Riace Marina, a 8 metri di profondità e 200 metri dalla riva. Erano adagiati l’uno accanto all’altro in una conca circoscritta da tre massi, il più grande dei quali a forma di esedra. Le due statue, alte circa 2 metri, erano ripiene di argilla e pesavano poco meno di 400 kg ciascuna. L’Istituto Centrale per il Restauro ha effettuato analisi chimiche, tecniche ed archeologiche, rilevando dati incontrovertibili. L’argilla che componeva le strutture interne delle due statue proveniva da microambienti differenti situati in un unico bacino geologico in territorio greco, tra Atene, Corinto ed Argo. Non è possibile individuare la località esatta perchè l’argilla greca è molto simile per composizione di minerali. La “Statua A” è stata realizzata nel 460 a.C. e la “Statua B” nel 430 a.C., periodo storico coincidente con l’ “Età di Pericle”.

AUTORI

L’accertata diversità del periodo di realizzazione, delle tecniche e dei materiali adoperati per strutturare la parte interna, della composizione dei metalli, degli stili artistici e della provenienza dell’argilla, consentono di dedurre che le due statue sono state realizzate da Autori differenti e non possono far parte della stessa scena artistica. Le perfette proporzioni dei muscoli scheletrici, le tipicità dei crani, e, soprattutto, le alterazioni scheletriche che si osservano nei corpi delle due statue e che all’epoca erano sconosciute, permettono di dedurre che esse rappresentano due persone realmente vissute di cui si è voluta raffigurare la fisionomia. La postura di tipo militare fa anche dedurre che essi siano stati Guerrieri. Quindi, i Bronzi di Riace non possono rappresentare i personaggi mitologici o eroi divinizzati – Etéocle e Polinìce, Anfiarào e Tidéo, Càstore e Pollùce, Erettéo ed Eumòlpo – individuati da altri studiosi.

ANATOMIA DELLA “STATUA A”

Il cranio della “Statua A” è di tipo mesocefalo. Nel sistema scheletrico, normolineo, sono evidenti due dismorfismi: il progenismo mandibolare e l’iperlordosi lombare. Il primo dismorfismo, caratterizzato dall’avanzamento della mandibola, mette in risalto i denti dell’arcata superiore. Il secondo dismorfismo, determinato dalla compensazione del progenismo mandibolare, si manifesta con la riduzione della curvatura delle vertebre lombari, il bacino arretrato, i glutei sollevati e gli addominali avanzati. Il cranio dell’uomo rappresentato è ruotato a destra di circa 40 gradi e, considerato che gli arti superiori esprimono i gesti inconfondibili di chi sostiene con l’avambraccio sinistro uno scudo e con la mano destra una lancia, per deduzione, quel capo dovrebbe accogliere un elmo a completamento della classica dotazione di armi utilizzate dai militari.

ANATOMIA DELLA “STATUA B”

Il cranio della “Statua B” è di tipo dolicocefalo. Nel sistema scheletrico sono evidenti tre dismorfismi: la rettilineizzazione delle vertebre cervicali, la scoliosi dorso/lombare ed il varismo del 5° dito dei piedi. Il primo dismorfismo è stato causato, probabilmente, dalla forma del cranio, allungata esageratamente in senso antero/posteriore, che ha indotto le vertebre cervicali a perdere la normale curva di lordosi, ad allinearsi lungo l’asse longitudinale per far ritrovare al cranio una posizione baricentrica e compensare lo squilibrio. La scoliosi dorso/lombare, prodotta dalla rotazione di alcune vertebre attorno al proprio asse, è stata causata, probabilmente, da posture asimmetriche mantenute costantemente dal personaggio rappresentato ed, anche, per la compensazione dovuta agli altri dismorfismi evidenti in quello scheletro. Il terzo dismorfismo, il varismo del 5° dito dei piedi, dovrebbe essere di natura ereditaria, così come la struttura scheletrica del 2° dito che risulta appena più lungo dell’alluce ed è tipico del cosiddetto “piede greco”. Il capo è leggermente flesso, la postura è militare e le armi in dotazione, sono le stesse di quelle descritte per la “Statua A”.

PERICLE

Statua "B" - Pericle
Statua “B” – Pericle

La “Statua B” dei Bronzi di Riace rappresenta dunque un guerriero greco con un particolare anatomico che caratterizza la sua testa, allungata esageratamente in senso antero/posteriore. Per cinquant’anni si è creduto erroneamente che quella parte allungata a dismisura fosse una porzione creata volutamente dall’Artista per far calzare l’elmo. Lo studio anatomico ha invece rilevato che quello è un vero e proprio cranio, di tipo dolicocefalo e che l’alterazione inizia con l’appiattimento dell’osso frontale a partire dal primo terzo, sopra le orbite, e si congiunge alle due ossa parietali, anch’esse appiattite ed allungate in senso antero/posteriore. Se, come avevano creduto gli studiosi la forma allungata della testa fosse stata una porzione aggiuntiva, l’osso frontale avrebbe avuto una forma regolare, così come quello della “Statua A”. Dal punto di vista statuario, allungare una testa per far calzare un elmo è irragionevole considerato che la parte che sostiene e mantiene incastrato un elmo è il bordo che poggia sopra l’osso frontale, ai lati sopra le orecchie ed alla base dell’osso occipitale, Inoltre, sarebbe l’unico caso nella storia dell’arte e dell’archeologia. Dopo tali considerazioni si può affermare in termini scientifici che il personaggio rappresentato dalla “Statua B” presenta un cranio di tipo dolicocefalo, esageratamente allungato in senso antero/posteriore. Nelle fonti letterarie del V secolo a.C., l’unico personaggio di cui si fa riferimento per avere una forma particolare della testa, è Pericle.  Plutarco, nella sua opera “Vite Parallele”, riporta gli scritti di Erodoto e del Commediografo Cratìno che soprannominavano Pericle “Schinocefalo” per avere la testa allungata indietro come una cipolla marina. Èupoli scrive che nella testa di Pericle entravano 11 letti.  Partendo da questa particolare ed unica forma del cranio rappresentata dalla “Statua B” e confrontandola con i dati chimici e scientifici rilevati con il “carbonio 14” e con i dati geografici e storici l’ipotesi prodotta da Partinico assume molta consistenza per un insieme di indizi precisi e concordanti. Pericle ha governato Atene dal 460 al 429 a.C. proprio nel periodo e nel territorio di realizzazione della statua; lo scultore Fidia, amico personale di Pericle, fu incaricato in quello stesso periodo, di coordinare la ristrutturazione del Partenone e degli edifici distrutti durante le guerre persiane e di realizzare statue in bronzo di divinità ed eroi ateniesi che avevano difeso ed onorato la città. Pericle fu rappresentato da Fidia mentre combatteva contro un’Amazzone, armato di scudo, lancia ed elmo, sullo scudo della statua di Athena Parthenos. Pausania, nella sua opera “Descrizione della Grecia”, elenca tra le statue viste nell’Acropoli di Atene una statua di Pericle esposta di fronte a quella di Santippo. Plutarco, nelle “Vite parallele”, scrive dell’esistenza di statue di Pericle che dovevano essere realizzate con l’elmo sul capo per nascondere la deformità della testa e di Tucidide, che, interpellato da Archidamo II, Re di Sparta, su chi fosse più bravo nella Lotta tra lui e Pericle, rispose: “Vinco io, ma Pericle, che non accetta mai di perdere, fa credere il contrario anche a quelli che hanno visto”.

TEMISTOCLE

La “Statua A” dei Bronzi di Riace è stata realizzata trent’anni anni prima della “Statua B”, nella stessa area geografica e rappresenta anch’essa un guerriero greco. Atene fu governata in successione da Temistocle, Cimone e Pericle. Temistocle, promotore del potenziamento militare navale di Atene fin dal 493 a.C., è stato l’eroe delle battaglie di Maratona, Capo Artemisio e Salamina, il condottiero che più di tutti ha contribuito alla vittoria della Grecia contro la Persia del Re Serse. Temistocle morì in esilio nel 459 a.C. e Pericle riabilitò la sua memoria, riconoscendolo come un eroe della causa ateniese.

Le copie romane di originali del V secolo a.C. che rappresentano i volti di Pericle e Temistocle, custodite presso i Musei Vaticani, sono molto simili per fisionomia ai Bronzi di Riace.

È possibile dunque, per Partinico, che le due statue – che rappresentavano Temistocle e Pericle, esposte ad Atene nella stessa agorà – siano state rimosse e caricate sul pontile di un’imbarcazione molto probabilmente diretta a Roma, ma che invece, per sorti avverse, naufragò in Calabria sulla costiera ionica rimanendo occultata per duemila anni e lasciando agli scopritori il sapore del mistero delle origini.

Approfondimenti e studio completo su www.ilgazzettinodireggio.it (riccardopartinico@yahoo.it)