Il Rex Sacrorum, il sacerdote garante della scansione del tempo di Roma

La processione con il Pontifex Maximus (Augusto), i tre Flamini maggiorri e il rex Sacrorum (il personaggio con l'ascia?) nel fregio bassorileivo dell'Ara Pacis
La processione con il Pontifex Maximus (Augusto), i tre Flamini Maggiori e il Rex Sacrorum (il personaggio con l’ascia in spalla?) nel fregio bassorileivo dell’Ara Pacis

Pubblichiamo un interessantissimo e completo studio del professor Edoardo Bianchi, ricercatore di Storia antica all’Università di Verona, sulla poco approfondita figura del Rex Sacrorum, una delle massime cariche sacerdotali di Roma antica facente parte del Collegio dei Pontefici.

Lo studio è una open source ed è pertanto disponibile e scaricabile, nell’immenso mare del web, dal portale di Academia.edu

“La ricerca  – riassume l’autore – parte dalla questione fondamentale dell’origine del Rex Sacrorum il quale, in forza della mentalità conservatrice tipica dei Romani prese in carico i sacra dell’ultimo re di Roma, Tarquinio il superbo.  In altre parole, durante l’esilio di Tarquinio, i suoi sacra poterono solo essere provvisoriamente ridistribuiti, finendo in parte – gli auspicia – alla neonata magistratura repubblicana (quale che fosse) e in parte ai sacerdoti già esistenti, vale a dire ai Flamini Maggiori e al Pontefice Massimo, che per importanza venivano subito dopo il Rex nell’Ordo sacerdotum.  Solo dopo la morte di Tarquinio, nel 495, i Romani si decisero per l’affidamento definitivo a questo specifico sacerdote dei sacra regali (mentre gli auspicia, più connessi all’attività politico-militare, restarono nelle mani della suprema magistratura). La riduzione ad sacra della regalità appare dunque un fenomeno diffusosi in età arcaica non per costrizione, ma per una forma di mimetismo politico, che trovò fertile terreno di adattamento nell’intera area tirrenico-laziale, compresa”.

Non manca un ricco parallelismo con altri Reges Sacrorum italici e con il Rex Nemorensis, erede delle funzioni sacrali di un precedente “Rex” federale latino.

Nel dettaglio l’autore esamina poi le specifiche del Rex Sacrorum: natali patrizi, un’unione matrimoniale sancita da confarreatio, la rinuncia a ogni ruolo politico-militare, l’appartenenza ex officio al senato (condivisa soltanto con il Flamine Diale), la presidenza dei comitia calata e la facoltà di nominare le Vestali. In altre parole, un complesso di caratteristiche che rendevano il Rex Sacrorum – nei primi tempi della repubblica – un sacerdote più autorevole del Pontefice Massimo.

“Un sicuro cambiamento nel panorama sacerdotale della repubblica – scrive ancora Bianchi – dovette invece maturare durante il III secolo, a seguito della lex Ogulnia. Tale legge formalmente significava la semplice apertura dell’augurato e del pontificato ai plebei, con la conseguenza inevitabile della progressiva perdita di importanza dei sacerdozi che ancora rimanevano riservati ai patrizi, come appunto il Rex Sacrorum e i Flamini Maggiori. I decenni finali della repubblica videro stabilizzarsi il cambiamento avvenuto tra il III e il II secolo: non a caso, furono privi di grandi tensioni tra sacerdoti, mentre furono dominati dalla figura del Pontefice Massimo. In questo contesto, il Rex Sacrorum fu un sacerdozio marginale”.

“Nella successiva età imperiale – continua – grazie all’esempio dato da Augusto, i sacerdozi romani vennero qualificandosi sempre più come onori che testimoniavano la benevolenza del princeps-Pontifex Maximus e furono pertanto molto ambiti. Anche l’incarico di Rex Sacrorum, nonostante la discontinuità nelle attestazioni epigrafiche, dovette essere ricoperto regolarmente, tanto più che, nella divisione tra sacerdozi riservati all’ordine senatorio e quelli riservati all’ordine equestre, venne collocato nel primo gruppo. Allo stesso tempo, continuavano a valergli i requisiti dell’appartenenza patrizia e del matrimonio per confarreatio, mentre alla fine del I secolo fu abolito il divieto, ormai del tutto anacronistico, di ricoprire ruoli politico-militari. Si trattò di una decisione presa in età flavia. L’ultima iscrizione che attesta un re dei sacrifici a Roma è degli inizi del III secolo. Tuttavia, il confronto con autori cristiani come Arnobio e Lattanzio, che in più di un’occasione attaccano gli antichi sacerdozi pagani, annoverandovi il Rex Sacrorum, potrebbe configurare una sopravvivenza della figura fino al IV secolo. Del resto, il Calendario di Filocalo, specchio fedele della vita cittadina intorno al 354, riporta ancora come un evento attuale la festività del Regifugium, che aveva tradizionalmente per protagonista il nostro sacerdote. Solo le leggi antipagane di fine IV secolo dovettero capovolgere la situazione: infatti, se Graziano soppresse le immunità e le rendite dei sacerdozi pagani, Teodosio arrivò ad abolirne tutti i sacrifici, così da assestare un duro colpo all’attività dei collegi romani, in particolare di quello pontificale”.

“Comunque, fino al IV secolo, la centralità del Rex – conclude l’autore – conservò traccia nella celebrazione dei più antichi sacra cittadini, che richiedevano sempre la sua partecipazione: soprattutto nel Regifugium, l’originario rito di passaggio dal vecchio al nuovo anno, che aveva fatto del nostro sacerdote il principale garante della progressione temporale, e quindi della sopravvivenza stessa, della città”.

Ecco lo studio completo in PDF: 

https://www.saturniatellus.com/wp-content/uploads/2019/12/Il_rex_sacrorum_a_Roma_e_nellItalia_anti.pdf