Verso il Misticismo Neoplatonico. Un percorso filosofico. (X parte)
A metà del III secolo i tempi erano ormai maturi per la fondazione del neoplatonismo. Plotino sicuramente aveva raccolto l’eredità del suo maestro Ammonio Sacca che, come Socrate, non aveva lasciato nulla di scritto, ma che probabilmente aveva posizioni molto affini al neoplatonismo di Plotino. Circolavano inoltre gli scritti innovativi di Numenio di Apamea che sicuramente venivano spesso citati da Plotino stesso. Inizialmente Plotino, seguendo l’esempio di Ammonio, non aveva scritto nulla, ma il suo discepolo Porfirio, che aveva una grande mente, riordinò sistematicamente gli appunti delle lezioni tenute a Roma dal maestro, ricompilandoli ordinatamente, scrivendo così le Enneadi (Ἐννεάδες), l’opera organizzata in sei volumi di nove trattati ciascuno.
Non si esagera affermando che Plotino è una delle massime menti non solo del pensiero antico ma anche della filosofia di tutti i tempi. Egli è il fondatore di una dottrina laica e completa, che oltre a non avere bisogno di appoggiarsi a nessuna religione, come una buona filosofia, a sua volta fornirà un valido supporto logico sia al politeismo che al monoteismo, a tal punto da esser definita da alcuni una filosofia ordinatrice di religioni, con caratteristiche di “meta-religione” trascendente delle differenze interconfessionali. Nessuno nella storia riuscì a formulare una simile dottrina definitiva. Nell’ambito del politeismo, tutti coloro che seguirono attinsero a piene mani dalla sua visione cosmologica e dalla sua struttura, integrandola con la religione degli Dei e con le pratiche magiche popolari, generando una meravigliosa opera d’arte filosofica ad amplissimo spettro.
Ripercorriamo qui brevemente i principi basilari della metafisica plotiniana, che sono i pilastri del neoplatonismo e che saranno la base per le discussioni sui prossimi autori.
Dai tempi di Parmenide il problema era stato quello di relazionare un Essere perfetto, superiore a tutto, immobile ed eterno, con un mondo caotico in evoluzione temporale perpetua. Le menti eccellenti del passato avevano sino a quel punto trovato due soluzioni coerenti, portando ad estreme conseguenze il pensiero logico in verso o in quello opposto:
1) Solo l’Essere è, mentre il divenire è illusorio. Questa è la linea seguita da Parmenide, ed in parte da Platone, per esempio nel mito della caverna. A questo estremo appartengono le filosofie che pongono l’accento sulla mente e sul pensiero. Il buddismo stesso afferma che tutto è Mente. La materia ed il divenire sono illusioni.
2) Solo il divenire è reale, non esiste una metafisica superiore. Questo è l’approccio delle filosofie del periodo ellenistico, principalmente riconducibili al materialismo, come l’epicureismo e lo stoicismo, nonché la principale visione del materialismo moderno.
Definiamo queste due posizioni “coerenti”, in quanto sono sostenute da una logica ferrea e incontrovertibile. Una terza via, conciliatoria e onnicomprensiva della materia e dell’Essere, era stata intrapresa da Aristotele. Certamente Aristotele, fondatore della logica, non aveva presentato un modello “illogico”, tuttavia di fronte alla forza della semplicità della prima e della seconda soluzione, complicava la descrizione della realtà con l’introduzione di categorie e vari distinguo, come per esempio la definizione di essenza, che poteva spaziare dalle idee, alla materia, passando per il sinolo. In sostanza, la grande costruzione aristotelica manteneva irrisolto il problema del rapporto tra l’Essere perfetto (Motore Immobile) e il divenire nel tempo, anche se anticipava una grande concezione che sarebbe poi stata ripresa dal neoplatonismo.
Plotino, per primo, presenta una formulazione perfetta e onnicomprensiva della materia e dell’Essere, con un sistema logico e cristallino. L’Essere, che viene fatto coincidere con l’Intelletto, non può esimersi dal contenere una molteplicità al suo interno, rappresentata dalle idee, altrimenti tutto il cosmo derivante resterebbe ingessato senza gradi di libertà. D’altra parte la causa prima non può contenere molteplicità al suo interno, altrimenti la catena causale divergerebbe all’infinito invece di convergere. Questo ragionamento spinse Plotino a sostenere l’esistenza di un unico principio “super-essenziale” e “super-intellettuale”, un principio trascendente dell’Essere e allo stesso tempo suo fondamento, essenza, o in altre parole, ipostasi. Questo principio è l’Uno, unità e semplicità assoluta senza molteplicità alcuna. Esso è infinito, con infinita potenza di generazione. Esso è eterno, altrimenti sarebbe soggetto al divenire e non sarebbe una causa prima. Esso è singolare e senza molteplicità, altrimenti non sarebbe una causa definitiva. Non ha bisogno di nulla, è autosufficiente e non ha alcuna causa esterna, ma è causato da se stesso, causa sui. Esso è ciò che vuole essere. Esso è la prima ipostasi di Plotino, il principio causa di ogni cosa, presente in tutto, ma non posseduto da nessuno. Il punto matematico di accumulazione di tutta la realtà.
L’introduzione dell’Uno come ente sopra-essenziale e sopra-intellettuale è il primo dei tre passi fondamentali della filosofia di Plotino, la quale, se si limitasse al primo, non andrebbe molto oltre alle conquiste di Parmenide, cadendo vittima nuovamente dell’immobilismo della perfezione. Il secondo passo nasce dalla seguente domanda: per quale motivo un “quid” così perfetto dovrebbe generare altro all’infuori di sé? Qui interviene il secondo passo della filosofia di Plotino: accanto alle ipostasi, egli ipotizza un’energia che fluisce dall’Uno lungo tutta la catena di progressione. L’intera formazione dell’universo è legata alla propagazione di questa energia. In dettaglio, secondo Plotino, ogni ipostasi ha un’attività interna (si rende con attività il termine “energeia”) della propria essenza che la rende ciò che è. Quest’attività interna è accompagnata da una “esterna”, che deriva dalla prima e la segue in ogni aspetto, ma che differisce dal soggetto originario. Quest’attività ancora non è organizzata in nulla ed è simile alla materia informe del mondo percettibile, pur differenziandosene per essere eterna, sottile. Questa sorta di materia trascendente è definita materia intelligibile. Il terzo passo è comprendere come la materia intellegibile possa dar origine alla formazione di un’altra ipostasi oltre all’Uno, trasmettendo così non solo energia e propagazione caotica, ma l’ordine cosmico. L’attività esterna, quando si rivolge alla sua sorgente, si scopre sdoppiata in soggetto-oggetto e diventa una nuova entità, l’Intelletto o Nous. Questi dunque sono gli ingredienti della formazione della gerarchia metafisica: l’attività (energeia) interna ed esterna, la progressione (prohodos) e la conversione (epistrophé). In altre parole, nell’Uno, l’Uno è puro soggetto che si autorealizza (attività interna). Nel momento in cui l’Uno vede se stesso, sorge la dualità soggetto-oggetto che, essendo appunto dualità, è ormai oltre all’Uno stesso: questo è il punto esatto in cui comincia la nuova ipostasi e la molteplicità del mondo, dove comincia l’Intelletto, il Nous.
Il Nous è l’Uno che si pensa, la seconda ipostasi. Nel Nous, Plotino combina il Dio Pensante di Aristotele con la dottrina platonica delle idee, in quanto definisce le idee come contenuti del pensiero del Nous. Le idee quindi sono enti reali generati dall’attività del Nous, il quale ha come ipostasi l’Uno al quale si rivolge. Le idee sono la stessa base dell’Essere, per cui si può affermare che per Plotino il Nous coincide con l’Essere. Il Nous, manifestando la molteplicità nel pensiero, racchiude dentro di sé la varietà dell’Essere nelle idee, generando la REALTÀ, quella che noi umani possiamo afferrare con la concettualizzazione di ciò che ci circonda. I numeri, le proprietà armoniche, la logica, la geometria, tutto si origina in questa infinita riflessione del Nous verso l’Uno. Il Nous, o Essere, è in una dimensione di eternità. Poiché contiene in sé la molteplicità e la potenzialità di movimento, è considerato Vita nella perfezione Eterna. Per gli antichi infatti movimento era sinonimo di vita.
Ma non finisce qui: anche per il Nous c’è un’attività interna, legata alla formazione delle idee, ed una esterna, che riguardando verso la sua sorgente dà origine alla terza ipostasi, la Psyche o l’Anima. Infatti, osservando il cosmo, ci rendiamo conto che esso non è stabile, non è composto da idee. Ci sono esseri animali e vegetali che vivono, si muovono, e ci sono sensazioni e percezioni volatili e fugaci. La Psyche è la causa vitale del mondo percettibile, la natura dinamica dell’universo. L’Anima spiega la crescita, il movimento e la coscienza del mondo. L’Anima per se stessa è senza tempo, eterna, ma agisce nella dimensione temporale fornendo una direzione dal passato al futuro. È la Psyche a rendere l’eternità come una successione ordinata di attimi temporali. Poiché la Psyche prende come modello l’Eternità, la generazione del cosmo avviene perpetuamente con un fluire dall’Eterno nel dominio temporale. L’Anima spiega l’armonia dell’Universo, l’esistenza di regolarità, simmetrie e leggi fisiche, cosa che le innumerevoli anime individuali non potrebbero spiegare. Dall’ipostasi Psyche deriva l’Anima Mundi e tutte le singole anime.
La Psiche interagisce con il mondo materiale, che è la combinazione della materia con i principi razionali, logoi, immanenti al mondo percettibile, che guidano la materia. I logoi, con la loro immanenza sulla materia, son un retaggio della concezione stoica Questi ricevono il loro potere dalle forme separate e sono gli agenti delle forme. Quindi le formazioni nel mondo percettibile ed ogni relativo cambiamento sono guidati dal potere delle forme separate. Questo mondo è il più distante dall’Uno e quindi mostra molti difetti ma anche la piena varietà di colori, qualità, combinazioni. A questo livello si vede lo sviluppo dell’Essere all’estremo.
I logoi interagiscono con la materia, che da sola è senza forma né misura, caotica, e non è in grado di aggiungere qualità alla forma originante. La materia percettibile è il riflesso terreno di quella intelligibile, ma al suo livello l’energia originata dall’Uno e passata al Nous e poi alla Psyche si è ormai indebolita a tal punto da non permettere alcuna ulteriore attività esterna ed essere priva della Potenza caratteristica dell’Uno. La privazione della caratteristica dell’Uno spinge Plotino a considerare la materia percettibile come MALE, nell’accezione di assenza di bene, quasi un non-essere, non inteso come contrapposizione negativa ma come assenza di qualità. La materia dunque è prodotta dalla Psyche, non dalla parte più alta, in contatto con il Nous, ma da un lembo dell’Anima Mundi, da cui il Nous appare ormai lontano. È da notare che vari secoli più tardi Proclo fa derivare la materia direttamente dall’Uno, come caso speciale, rivalutandone la funzione.
Quanto esposto dunque è l’ossatura della realtà secondo Plotino, con ben tre ipostasi, ordinate gerarchicamente, dove il livello superiore trascende quello inferiore essendone causa formale, e dove il livello inferiore tende naturalmente a quello superiore grazie all’epistrophè. Noi umani possiamo elevarci con la pratica della virtù e della contemplazione verso le ipostasi superiori, fino a raggiungere l’estatica unione con l’Uno o, come si direbbe nel buddismo zen, il satori. È impostante sottolineare come l’estasi non sia un dono della divinità, ma una caratteristica naturale dell’anima.
Per quanto riguarda la Religio Romana, appare chiaro che noi mortali, quando ci perdiamo nel chiasso della quotidianità, siamo distratti dalla nostra vera aspirazione psichica, e indirizzati verso la materia, il male, non come principio negativo attivo ma come semplice assenza di bene. Il male, è il non guidare la materia in forma ordinata, è come la polvere su un larario trascurato. Invece, quando ascoltiamo le nostre anime immortali, sentiamo la tensione verso il principio più grande, il Nous, e verso l’Uno, grazie al principio di Epistrophè. La Religio dunque, praticata in una vita virtuosa, con cuore puro e con mente serena, ci fa rivolgere verso gli Dei, la dolce origine delle nostre esistenze, aiutando la nostra elevazione al Bene. Ma questa concezione appartiene già agli autori successivi.
Mario Basile