La metafisica aristotelica: usiologia, teologia e i rapporti col platonismo

metafisica01Verso il misticismo neoplatonico. Un percorso filosofico (VI)

Nell’articolo precedente abbiamo introdotto la metafisica di Aristotele, spiegando che essa contiene quattro discipline: l’eziologia (ricerca delle cause prime), l’ontologia, l’usiologia e la teologia. Dopo aver trattato le prime due, terminiamo nel presente articolo la metafisica aristotelica con l’introduzione dell’usiologia e della teologia.

Usiologia

Consideriamo per esempio un gatto. La materia, disordinata e caotica, nella sua infinita molteplicità e continua trasformazione, non potrebbe diventare un “gatto” da sola. Immaginiamo di inserire in una tanica tutti i componenti chimici di un gatto nelle giuste proporzioni: idrogeno, carbonio, ossigeno, azoto, ferro, calcio, eccetera. Chiudiamo la tanica e agitiamo il tutto. Sono certo che anche se agitassimo per un miliardo di anni, gli atomi non si combinerebbero mai casualmente assieme per formare appunto un gatto. Quindi la materia da sola non basta a organizzarsi in strutture complesse e coordinate. Platone dunque identifica la necessità di introdurre nel suo sistema un disegno, una forma, un’idea di gatto tale da  guidare l’organizzazione della materia (*). Secondo Platone, il flusso delle idee si muove nell’ambito di una gerarchia metafisica, dall’alto, dove ci sono le idee più astratte, più generali e più pure, verso il basso, dove si trovano le idee più dettagliate e particolari, per applicare dunque le forme alla materia stessa che rappresenta il punto imo.

Aristotele prende una via diversa. Consideriamo Fuffi. Egli è un gatto. Il gatto è un felino. Il felino è un mammifero. Il mammifero è un vertebrato. Un vertebrato è un animale.  Si potrebbe dettagliare ulteriormente la classificazione. In questa moltiplicazione di livelli occorre dunque domandarsi se sia giusto associare a ogni gradino una forma più generale e più pura. In altre parole: esiste veramente un’idea (intesa come ente metafisico) di vertebrato che origina un’idea di mammifero, che contiene un’idea di felino, che si fa seguire da una forma di gatto, che si concretizza in Fuffi? Secondo l’Areopagita non tutte le idee incontrate nel processo intellettivo hanno valenza ontologica, ma sono γένος, genere, termini astratti con una funzione in ambito logico piuttosto che metafisico, detti anche “universali”: non idee Platoniche, ma enti addirittura meno concreti del “Fuffi” stesso. Questi termini astratti sono utili per il processo cognitivo umano, il quale diviene per la prima volta oggetto di studio attraverso la nuova “logica” aristotelica, ossia lo studio del logos. Anche se quest’approccio, che afferma un mondo più reale nella molteplicità e più nominale negli universali, sembra contraddire Platone, comunque occorre osservare che per Aristotele l’anima umana è confermata essere una forma platonica ed avere una sua valenza ontologica, ragion per cui non è corretto considerare lo Stagirita come un materialista in opposizione a Platone. Piuttosto Aristotele aggiunge all’approccio metafisico e deduttivo, dall’alto verso il basso, un approccio empirico, dal basso verso l’alto, come spontaneamente introdotto dal nostro processo intellettuale basato sul mondo percettibile in cui ci muoviamo.

Scartando dunque gli universali, che appartengono alla logica piuttosto che all’ontologia, qual è l’essenza delle cose, ossia il substrato, la sostanza che “è”? È la materia (i materiali che compongono Fuffi), la forma (gatto), o è l’incontro tra forma e materia (incarnazione del gatto in Fuffi)? Aristotele non scarta a priori nessuna delle tre conclusioni, ma le analizza separatamente. Egli conferma che la forma è l’essenza basilare delle cose: l’anima per l’uomo, l’anima sensitiva per il gatto così come per tutti gli animali. Tuttavia considerando gli oggetti e gli esseri viventi nel mondo percettibile, essi non ci sarebbero se non esistesse la materia pronta a ricevere le forme. Quindi la materia stessa, in maniera più debole rispetto alle forme, è anch’essa essenza. Non solo, ma anche l’incontro tra forma e materia (ossia tra εἶδος e ὕλη), detto sìnolo (σύνολος), è un tipo di essenza. Ricordando la differenziazione tra potenza ed atto, si può affermare che la materia è essere in potenza (in quanto può accogliere le forme) e il sinolo è essere in atto (in quanto ha accolto la forma).

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Queste considerazioni sui tre tipi di essenze (forma, materia, sinolo) valgono per Aristotele nell’ambito del mondo percettibile, basato su un approccio quasi empirico, in contrasto con Platone. Tuttavia l’approccio aristotelico da un punto di vista metafisico, ossia oltre lo studio dei fenomeni naturali, è ben diverso. Nella metafisica, la forma è la causa del sinolo e la materia ne è un supporto, quindi la vera essenza è la forma,  in accordo con Platone. La risposta quindi di Aristotele è duplice, in quanto l’essenza dipende dai punti di vista e dalla disciplina che la sta studiando: per la fisica e lo studio dei fenomeni percettibili, si considera oltre la forma anche la materia e il sinolo come sostanze del mondo percettibile, mentre nella metafisica l’essenza coincide con la forma, mentre materia e sinolo perdono d’importanza. Un approccio materialista invece avrebbe considerato la materia come condizione necessaria per l’essenza, negando il genere immateriale e sovrasensibile, e quindi la divinità stessa. Aristotele non afferma ciò, ma semplicemente conferma che nel mondo percettibile occorre la materia affinché le cose possano essere. Secoli più tardi Porfirio accolse buona parte del pensiero  aristotelico sviluppando una teoria sugli enti incorporei. Questi si dividono in esseri e in non-esseri. Gli esseri esistono in maniera indipendente dalla materia come sostanze intellegibili, mentre i non-esseri hanno bisogno del supporto della materia per la loro esistenza nel mondo sensibile, e quindi esistono indissolubilmente come i sinoli di Aristotele.

In conclusione Aristotele, in maniera rigorosa e partendo dalle osservazioni del mondo percettibile, giunge a giustificare l’esistenza di una sostanza (essenza) soprasensibile, necessaria per giustificare l’esistenza del divino su un piano soprannaturale, ossia meta-fisico.

Teologia

Una volta giustificata l’essenza sovrasensibile, Aristotele può confermare e sviluppare la seconda navigazione di Platone. Per esattezza, egli identifica tre sostanze (ricordiamo che sostanza ed essenza sono termini qui usati come sinonimi). Al livello inferiore ci sono le sostanze sensibili, soggette al mutamento, alla generazione e distruzione, composte da acqua, aria, terra e fuoco (materia). Al livello intermedio ci sono le sostanze sensibili ma incorruttibili, come i pianeti e le stelle, composte dal quinto elemento, l’etere. Questi corpi possono localmente mutare e muoversi, ma non sono soggetti al ciclo di generazione e corruzione. Al livello superiore le sostanze immobili, eterne e trascendenti, ossia il Dio – Motore Immobile e gli enti che causano il movimento delle sfere planetarie. Queste sostanze sono immateriali, ossia non composte da etere o tantomeno dagli altri quattro elementi.

L’argomentazione di Aristotele per l’introduzione delle sostanze immobili, eterne e trascendenti si basa sulla ricerca della causa prima del tempo e del movimento. Il movimento degli astri nel tempo è causato da qualcosa che trascende il tempo ed il movimento stesso, per cui deve trattarsi di una causa eterna (ossia fuori dal tempo) ed immobile (ossia fuori dal movimento). Inoltre questa causa deve essere atto puro, perché se avesse anche potenza potrebbe per esempio trasformarsi e muoversi. La causa quindi è il Motore Immobile, che tutto muove senza muoversi, fine ultimo di tutto il cosmo.

Aristotele, basandosi sui lavori dell’astronomo Callippo di Cizico, introdusse nel suo modello cosmologico cinquantacinque sfere celesti, messe in moto da altrettante essenze sovrasensibili, che erano divinità di secondo rango rispetto al Motore Immobile, in piena sintonia con la visione politeista del mondo antico.

imagesConclusione

Il mondo platonico si misurò a lungo con le teorie aristoteliche, accettandone alcune, rigettandone altre, in un continuo processo di reinterpretazione. Aristotele fu considerato a volte il rivale principale di Platone, a volte il discepolo più autentico: Diogene Laerzio disse di lui che fu il più genuino dei discepoli di Platone. Tuttavia il Peripato abbandonò ben presto la geniale versatilità del maestro e si lasciò alle spalle la speculazione metafisica per concentrarsi sullo studio della fisica e delle nuove scienze, come la zoologia e la botanica. È da notare che anche l’Accademia fondata da Platone perse nei primi secoli della sua storia buona parte dell’inventiva e della profondità del suo fondatore. La società stava subendo un cambiamento radicale in seguito alle conquiste di Alessandro il Grande, mentre la polis greca stava per essere travolta dall’organizzazione di nuove monarchie di stampo orientale, dove i cittadini, un tempo padroni dell’agorà, si trasformavano in anonimi sudditi. Cambiò la cultura, la mentalità, la percezione del mondo come di tutta la società, e persino la lingua assunse diverse sfumature. La filosofia, come sempre accade in questi casi, si trasformò profondamente, prendendo nuove direzioni. Ma questo lo racconteremo in un altro articolo.

 Mario Basile

 (*) Oggi sappiamo che il DNA codifica ciò che l’essere vivente deve essere, tuttavia il DNA stesso non è il disegno di gatto ma il “supporto” su cui il disegno gatto viene trasmesso, così come le lettere G-A-T-T-O sono da supporto per la trasmissione del concetto di gatto.