“Queste le parole di Zarathustra”, un libro per tutti e per nessuno capolavoro delle Edizioni di Ar, un omaggio al pensiero di Friedrich Nietzsche nella sua veste radicale e aristocratica.
Un libro che tormenta e meraviglia fin dalle sue prime pagine, che seduce e atterrisce il lettore, invitato a guardarsi allo specchio nella sua goffa nudità, una nudità “ristretta” al punto da averla in odio e voler tendere e voler scegliere di trasfigurarla.
Tra i meriti del libro edito da Ar vi è sicuramente l’aggiunta dell’originale tedesco a fronte, un metodo di lettura comparativa sperimentato nel 2004, in occasione della pubblicazione dell’”Anticristiano”, prima sfida della collana Alter Ego, curata dalla dottoressa Anna K. Valerio e dall’editore stesso. Dopo la pubblicazione di scritti minori di Nietzsche la collana Alter Ego è ora giunta alla prova decisiva dello Zarathustra. Il curatore Giulio Sézac indovina in ogni pagina l’intenzione dello scritto Nietzschiano, preoccupandosi di tradurre nella nostra lingua la forma e la sostanza originaria.
In Italia l’interpretazione di Nietzsche dominante e ufficializzata passa per la traduzione Colli – Montinari edita da Adelphi a partire dal 1963; una interpretazione nella quale prevale chiaramente, a detta degli stessi curatori, una lettura in chiave “musicale” ovvero teoretica del pensiero Nietzschiano, estranea quindi a qualsivoglia ricostruzione storico-filologica e pronta a guidare la trasposizione ufficiale verso il fraintendimento o emendamento. Ma Nietzsche vive in una dimensione storica e risponde criticamente ad un divenire storico dal quale si sente schiacciato e oppresso, e risponde con la curiosità e la formazione del filologo, del cultore della parola.
Sézac difende questa verità e scrive e traduce libero da ipocondrie linguistiche, preoccupandosi soltanto di ricercare la fedeltà traspositiva del significante e del significato.
Considerando il significante la traduzione italiana del Sézac è tesa alla musicalità, possente e brutale come delicata e poetica a seconda delle visioni raccontate da Zarathustra. Perfettamente ricordata anche l’omofonia Nietzschiana, realizzata in un accostamento armonico delle parole, che si inseguono sulle pagine dello Zarathustra per creare immagini profetiche. E da quelle descrizioni partiamo per riscoprire la nostra lingua, il suo colore e la sua bellezza sempre diversa da se stessa e sempre sorprendente nello scoprirsi descrittiva come poche lingue al mondo, grazie alla complessità grammaticale e alla corposità lessicale, minacciata l’una come l’altra dalla semplificazione imposta dalla cultura cosmopolita moderna garante di un monolinguismo anglosassone.
A colpire però al cuore il lettore è soprattutto la scelta del significato, la sostanza del pensiero Nietzschiano, vortice di idee che lievitano dalle pagine dello Zarathustra di Ar. Un Pensiero finalmente emendato dal rifugiarsi nelle metafore Nietzschiane, nella speranza di diluire la durezza e la brutalità di alcune idee invise, evidentemente, alle allucinazioni democratiche dell’uguaglianza e dei diritti umani. Come è stato mirabilmente scritto nell’ottimo libro di Losurdo, “Nietzsche il ribelle aristocratico”: sembra inutile voler separare il grande e fascinoso moralista dal brutale teorico del radicalismo aristocratico.
Il processo di volatilizzazione e sublimazione delle parole Nietzschiane è stato usato dalla critica per colpire le parti impresentabili del suo pensiero, a partire dal concetto di “eugenetica”, richiamato da Nietzsche nel discorso di Zarathustra “Della libera morte” e affrontato dignitosamente e coerentemente dal Sézac, passando per l’analisi della parcellizzazione della cultura e del lavoro, fino a giungere, avendo toccato ineguaglianza e schiavitù alla definizione di Superuomo.
Sézac ha tenuto conto del contesto storico e sociale in cui Nietzsche ha operato e scritto, compreso le sue frequentazioni personali e ha rispettato nella trasposizione italiana la scelta del filosofo tedesco. Potrei citare numerosi esempi a riguardo, ma in tal caso, questa breve recensione diventerebbe una tesi linguistica sullo Zarathustra di Ar, idea da non biasimare, ma che per ora rimane distante dal fine del mio scritto.
Un solo cenno farò ancora sulla questione che riguarda la traduzione di “Über-Mensch”, per Colli e Montinari “Superuomo” emendata nel 1983 da Vattimo, nel libro “Nietzsche il soggetto e la maschera” con “Oltreuomo”, un uomo capace di trascendere la catena della tradizione e di giungere al di là di se stesso, libero. Tale ipotesi è ormai entrata nella cultura filosofica ufficiale, l’ho constatato esplorando le pagine di diversi libri di testo delle scuole secondarie, tutti ossequienti a questa traduzione. In realtà però, ce lo ricorda bene Losurdo nel libro precedentemente citato, Nietzsche insiste sulla dimensione dell’altezza e in Zarathustra parte I, nel discorso “Della virtù che dona” è specificato: “In alto va la nostra strada, dalla specie (Art) alla super –specie (Über-Art). All’uomo ristretto, degenerato dalla modernità si oppone per Sézac l’Ultrauomo e l’Ultra-specie.
Ultra come prefisso traduce Über sia considerando la dimensione dell’altezza che dell’oltrepassamento e quindi, a mio parere, completa un concetto altrimenti monco perché mancante della considerazione della totalità del processo di trasfigurazione dell’uomo.
Nelle note scritte a margine delle quattro parti in cui è diviso il libro dello Zarathustra, evitando intromissioni nel percorso di lettura, si conclude la ricostruzione storico – filologica compiuta dal Sézac per Ar, per cui vengono ricostruite le spesso volontarie rimozioni politiche, atte a chiarire e a decifrare buona parte del linguaggio enfatico Nietzschiano, non relegandolo nel dimenticatoio del descrittivismo, in aderenza alla convinzione peraltro Nietzschiana che “ogni teoria comporta il momento della scelta, dell’opzione, del pronunciamento esplicito o implicito di un giudizio di valore”. Nietzsche sceglie ogni parola, ogni visione, Nietzsche crede nell’avvento dell’Ultrauomo in risposta all’”ultimo uomo” moderno, realizzatore unico di quel progetto politico radicale e aristocratico che gli sta a cuore. Qualsiasi traduzione da questo non può e non deve prescindere.
Lo Zarathustra è la storia traslata in forma poetica dell’uomo nella modernità, una poesia evocatrice di una diversa dimensione dell’essere attraverso le immagini. Zarathustra – Nietzsche fa sfilare innanzi a sé tutti i miti del mondo contemporaneo per schernirli inesorabilmente, rievocando una nuova aristocrazia attraverso il nichilismo attivo, il riconoscere il valore nell’atto del porre come creatività o volontà di potenza. Del mondo contemporaneo salva ben poco, il suo pensiero è dinamite che distrugge; rimangono superstiti il coraggio, il rischio sportivo, l’elemento guerriero e militare, soprattutto la decisione, la volontà temeraria ed ostinata.
La volontà creatrice che impone durezza verso se stessi, non certo crudeltà verso gli altri, perché “duri sono coloro che creano. E Beatitudine ha da parervi l’imprimere la mano sui vostri millenni come sulla cera”.
Nietzsche è stato un profeta della modernità, lo Zarathustra è stato come una Bibbia per pochi, come si augurava avvenisse il suo fedele amico e discepolo Peter Gast; il mondo non poteva al tempo comprenderlo e accettarlo, ed ha reagito come la folla dinanzi all’annuncio dell’Ultrauomo, con indifferenza amara e invidiosa; non sono riusciti a corrispondere degnamente il
suo immenso dono. E dopo la sua morte il successo improvviso ed ebbro e poi il fraintendimento madre della massificazione dei suoi aforismi. Nietzsche ha viaggiato solo fra gli uomini, come tra frammenti di avvenire, ha osato, ha scelto ed è voluto andare tanto profondamente dentro se stesso al punto di oltrepassarsi: il suo è stato un si totale alla vita, alla terra al corpo.
Come si può tollerare tanta grandezza?
Soltanto con l’amore, quell’amore che traspare senza nebbia alcuna dalle pagine dello Zarathustra di Ar, l’amore di chi comprende e forse condivide questa natura radicale, tanto rivoluzionaria e tanto aristocratica.
Marina Simeone