La svolta epocale di pensiero proposta da Platone e la seconda navigazione

EpistemeVerso il misticismo neoplatonico: Un percorso filosofico (II)

Prima di procedere con altri grandi figure della filosofia antica, vale la pena soffermarsi sulla svolta epocale di pensiero proposta da Platone, una comprensione del mondo che torna con forza a scuotere il materialismo postmoderno.

È innegabile che le grandi conquiste del metodo scientifico abbiano avuto un enorme impatto positivo sulla nostra civiltà, non solo per averci regalato innumerevoli e inestimabili frutti tecnologici, di cui usufruiamo quotidianamente in ogni circostanza della nostra vita, ma anche per averci fornito una spiegazione razionale ed empirica del mondo, dalla comprensione della materia con l’attuale modello standard, alla visione dell’evoluzione (*) dell’universo con la scoperta dell’inflazione cosmica. Se da una parte la sfida di identificare una grande “Teoria del Tutto” affascina la mente di ogni essere umano che tenga un poco della curiosità del divino Ulisse, dall’altra si può incorrere nell’ingenuità di confondere il concetto stesso di Verità (con la maiuscola intendo la verità primaria di ogni cosa) con ciò che è “scientificamente dimostrato”, cosa che accade sempre più di frequente negli ambienti scientifici, anche a causa di una preparazione filosofica ormai assente per come la nostra scuola si sia indirizzata sempre più verso l’utilitarismo e la specializzazione.

Il sapere empirico è per sua natura approssimante, anzi, l’inesattezza gli è inerente. Una teoria scientifica, per essere tale, deve potersi falsificare (Karl Popper, Fälschungsmöglichkeit), ossia si deve per essa identificare un esperimento il cui esito possa definitivamente svelare la falsità della teoria, mettere in discussione quindi il sistema e formulare una nuova teoria. Per esempio una teoria del tipo: “durante le eclissi di luna la concentrazione di azoto nell’aria aumenta dello 0.05%” è una buona teoria in quanto è falsificabile, poiché si può immaginare un esperimento durante un’eclissi in cui si misuri l’aumento della concentrazione di azoto: se questa apparisse minore dello 0.05%, la teoria sarebbe palesemente falsa.

Cercare di apprendere la Verità dall’osservazione dei fenomeni naturali non è un approccio nuovo nella storia del pensiero umano: almeno concettualmente è proprio ciò che i filosofi presocratici cercarono di fare, con l’eccezione dei sofisti che gettarono la spugna. Per esempio, come non intravedere nella ricerca della teoria del tutto l’idea del Nous di Anassagora? Per giustificare l’ordine (in greco Cosmo) del suo universo puramente materiale, per l’esattezza composto da omeomerie, antenati degli atomi, introdusse nella sua filosofia naturale un’Intelligenza ordinante insita nel mondo fisico, per evitare che le omeomerie appunto se ne andassero a spasso senza formare nulla di utile, come per esempio un universo. Il Nous di Anassagora non è trascendente, è nella materia, ne fa parte, si mescola con essa, perché per Anassagora ancora non c’è posto per un secondo livello di realtà. È un’intelligenza “materiale” senza volontà, una sorta di software, di Matrix, che preordina la caotica nube cosmica in un armonioso mondo di pianeti, stelle e passeri che cinguettano all’alba…

Platone, qualche tempo dopo, cambiò la prospettiva nel Fedone, fondando la metafisica occidentale, criticando proprio il Nous di Anassagora. Da dove procede la necessità dell’ordine? Per “ordinare” il mondo sensibile occorre che vi sia un principio superiore al mondo sensibile stesso. Un’ipotetica intelligenza ordinatrice dovrebbe essere in grado di spiegare la ragione della direzione dell’ordine, il criterio con cui un certo tipo di processo sia migliore rispetto a un altro. Il Nous di Anassagora, da dove ricava la direzione evolutiva del mondo per ottenere l’ordine? Come fa a sapere che cos’è meglio per organizzare la realtà? Sopra il mondo materiale occorre dunque introdurre un nuovo livello logico, mentale o, in termine tecnico, intelligibile. Ciò vale anche per le persone, dove la necessità di ricorrere a qualcosa che trascenda il mondo materiale appare ancora più evidente: Socrate ha agito grazie alla sua intelligenza, che ha scelto ciò che è giusto e che è bene, e non a causa dei suoi sensi e del suo corpo, che rappresentano piuttosto un mezzo per agire nel mondo materiale. Si tratta di una vera e propria rivoluzione del pensiero, che supera il materialismo e scopre una nuova dimensione per la ricerca filosofica: la razionalità ed il pensiero.

Platone accosta con una metafora l’indagine filosofica alla navigazione. Dopo aver navigato con le vele al vento delle informazioni fornite dal mondo materiale e dai sensi, la filosofia naturale non permetteva di avanzare sulla ricerca della verità e della causa. La nave della conoscenza si trovava ferma in acque calme e senza vento. A questo punto Platone spiega che occorre cambiare metodo e iniziare un nuovo tipo di navigazione (δεύτερος πλοῦς), mettendo mano ai remi della ragione e del pensiero logico per procedere nel viaggio, navigando così dal mondo sensibile al nuovo mondo, quello sovrasensibile dove domina il pensiero: il mondo intelligibile.

dark_circles_lines_smoke_light_46390_300x188Platone identifica una struttura della realtà organizzata gerarchicamente. Questa si basa sull’esistenza di due principi, l’Uno e la Diade. Il principio dell’Uno è la causa formale di ogni cosa, il Bene supremo a cui tutto si riferisce. L’Unità Suprema che dona coerenza a tutto ciò che è. D’altra parte, se ci fosse solo l’Uno, tutto sarebbe ingessato e non ci sarebbe spazio per la molteplicità. Ragion per cui Platone aggiunge il principio della Diade, la molteplicità indeterminata e indefinita, la ragione della differenza e della moltiplicazione. Dai principi dell’Uno e della Diade sorge la realtà con due piani: il piano delle idee e quello materiale.

Il piano delle idee di Platone presenta una certa verticalità, poiché ospita al suo apice idee più universali e scendendo idee sempre più differenziate. Tra le idee superiori ci sono quelle numeriche. Gli ideali dei numeri non sono i numeri che noi correntemente usiamo nelle nostre operazioni matematiche. Gli ideali rappresentano i numeri in quanto numeri, come il solo e unico numero tre in quanto tre, che dà origine a tutti i numeri tre usati nelle operazioni matematiche. I numeri usati nelle operazioni matematiche non sono veri numeri ideali, in quanto sono effettivamente usati, ma comunque non appartengono nemmeno al mondo fisico, poiché risultano comunque “mentali”. Questi costituiscono un piano intermedio tra quello ideale e quello materiale, il mondo degli “enti matematici”.

Il piano inferiore è quello sensibile e materiale, oggetto dello studio della scienza e della ricerca dei primi filosofi. Questo è il piano del divenire, della trasformazione, che tuttavia partecipa al mondo delle idee riflettendole, seppure temporaneamente. Questo piano non può esistere per sé, ma ha bisogno di una causa, un ordinatore, un artefice che lo formi secondo le idee e lo mantenga ordinato. Questi è il Demiurgo, che prende come modello la realtà eterna delle idee e la plasma nel mondo materiale (come vedremo, ciò avviene attraverso l’Anima Mundi).

Per Platone, il Demiurgo è il vero dio, il dio Buono, colui che rende accessibile il Bene eterno nel divenire temporale del mondo sensibile, mentre l’Uno è un principio superiore ma non una divinità.

In questo quadro, l’anima umana viaggia in continuazione tra il mondo sensibile e quello intellegibile, partecipando ad entrambi. Per questo motivo viviamo nel mondo materiale ma nello stesso tempo ne siamo disturbati dai suoi limiti. La morte fisica sembra innaturale, come se in noi fosse innata una ricerca di eternità. A volte siamo capaci di grandi astrazioni e di modellare il mondo secondo le nostre idee. Ma non solo.

Platone spiega che la prima anima ad essere stata creata dal Demiurgo non sia stata quella umana, bensì l’anima dell’universo, Anima Mundi. Platone attribuisce un’enorme importanza all’Anima Mundi, in quanto essa è la mediatrice tra l’intellegibile e il materiale. L’anima umana ha molto in comune con l’Anima Mundi, pur non coincidendo con essa. Da qui si ricavano due conclusioni di grande importanza. In primo luogo tutto il mondo è “spirituale”. Ciò appare in perfetta armonia con la Religio Romana, dove accanto alle grandi divinità si percepisce nella natura stessa la presenza del numen, inteso come potere divino che permea l’intero universo. La seconda ci riporta all’introduzione di questo articolo: tutto il mondo materiale è modellato attraverso l’Anima Mundi secondo lo stesso Intelligibile a cui noi partecipiamo con le nostre anime. In altre parole il mondo materiale può essere oggetto di studio della filosofia naturale. Le anime umane possono ricercare e riconoscere nel mondo materiale l’azione ordinatrice dell’Anima Mundi. Ciò che osserviamo nella materia dunque non è la Verità, ma una sua conseguenza.

Il grande amore per la ricerca, la curiosità e lo stupore di fronte ad ogni incredibile scoperta di questo fantastico universo, sono semplicemente i moti della nostra anima che gioisce nel trovare nell’oggetto di studio le simmetrie dell’intelletto cosmico che le appartengono. L’occhio curioso scruta gli alti cieli stellati, dalle profondità dell’anima.

Mario Basile

(*) Il cenno alle teorie evoluzioniste si riferisce alle concezioni scientifiche circoscritte alla filosofia naturale. Platone limitò il suo interesse per la filosofia naturale – che si concentra su un mondo delle apparenze e delle mutazioni, ossia relativo alla doxa – in favore della metafisica, la sola in grado di investigare sulla Verità. La nostra Tradizione non si basa su “prove scientifiche”, in quanto è volta direttamente alla Verità metafisica, propria della “seconda navigazione”, piuttosto che alla doxa scientifica, sempre soggetta ai risultati dell’ultimo esperimento.