Iniziamo con questo articolo una serie di riflessioni sulla filosofia classica.
La prima suggestione è dedicata a Talete, il sapiente presocratico che tutti i testi scolastici indicano come il primo grande filosofo dell’Occidente
Talete, passeggiando nel tardo pomeriggio nei dintorni di Mileto, poteva ancora riconoscere qualche resto di antiche costruzioni risalenti al tempo in cui la città si chiamava Millawata. Del resto, i vecchi padroni della città, i Karkyan, o Cari, ormai erano una minoranza integrata nel mondo greco, a parte qualche “glous”, qualche pirata, che ogni tanto faceva parlare di sé, attaccando le ricche navi mercantili con cui si commerciava con l’ovest.
Tuttavia, anche se la costa era saldamente ionica, l’interno della “Terra del Sole Nascente”, o Anatolia, era ancora in mano ai Cari e soprattutto ai potenti Lidi, che non solo parlavano una lingua affine a quella dei Cari ma che ne erano stati alleati quando si erano schierati accanto a Priamo nella guerra di Troia, contro i Greci. L’antica ostilità era dura a morire. Lo scontro di civiltà tra popoli indoeuropei anatolici ed ellenici era inevitabile.
Talete comunque era un viaggiatore e non disprezzava i Lidi. In fondo il loro re, Creso, aveva introdotto con coraggio un nuovo sistema per trasferire ricchezza, un sistema astratto molto più efficace del baratto: il Creseide, la moneta nel lucente elettro, una lega naturale di oro ed argento. Questa invenzione, la moneta con un valore simbolico, era stata adottata dalla dinamica società di Mileto, come prima forma di denaro del mondo ionico, copiata immediatamente persino da Atene con le dracme.
Comunque sia, anche se si riusciva a commerciare con le regioni interne dell’Anatolia, risalendo quel lungo e tortuoso fiume, il Meandro, il pericolo di una guerra imminente si sentiva nell’aria. Quel mondo
dell’interno era comunque alieno, esotico per loro, gli Ioni, gente di mare, che preferivano scrutare
l’orizzonte marino ad ovest, commerciando soprattutto con Atene, con cui c’era un’affinità culturale per la comune origine, e con tutte le altre colonie greche disseminate nel mediterraneo.
Un giorno gli sarebbe piaciuto viaggiare all’interno, in quelle regioni aspre, perché viaggiando si apre la
mente. Era rimasto affascinato dal vedere il grande Nilo, nel suo viaggio in Egitto, e comprendere come per gli Egiziani l’acqua dava vita ad ogni cosa attraverso le piene del grande fiume. Forse c’era qualcosa di vero nella tradizione di quell’antico popolo.
Assorto nei suoi pensieri, Talete giunse sul lungomare, da dove amava osservare i tramonti, quando il
grande Apollo, quel Sole che tutto vedeva, si ricongiungeva al mare immenso, a quell’acqua arcana,
profonda e spaventosa da cui tutto proviene e alla quale tutto torna. Poco alla volta il crepuscolo lasciava
spazio alla buia notte, l’orizzonte del vasto pelago si fondeva con il cielo, le costellazioni, i miti degli Dei, e la potenza del grande mistero irrisolto interrogava le menti con un oscuro manto avvolgente, dove stelle fisse e pianeti erranti scrivevano la storia di noi mortali, delle nostre piccole vite, degli accidenti, del caso.
Ma se l’immenso cielo si ricongiunge all’acqua, allora nulla ne è escluso, come un’immensa coperta
ripiegata su se stessa che contiene tutto ciò che esiste, tutto ciò che c’è, tutto ciò che appare e scompare,
che nasce e che muore, tutto ciò che sta fermo e tutto ciò che si muove. Ecco che la grande domanda
sull’origine del tutto ha un senso, in quanto il mondo è uno, senza buchi, senza falle, senza vie di fuga o
singolarità, non c’è un luogo al di fuori, non ci sono enti esterni. Il cosmo è uno e contiene tutto, Dei e
mortali, matematica ed arte, pianeti e stelle, i Lidi, i Cari, gli Ioni e le monete, il Nilo e anche il pirata di
turno.
Talete restava affascinato dalla natura di questo fantastico universo, la physis. Ci sono corpi che si muovono in una danza cosmica, come le stesse onde del mare, o come quel grande fiume Meandro, vivo e sinuoso come una serpe, che con vitalità sfocia nel mare, o come il maestoso Nilo che tutto genera e tutto nutre come una grande madre.
E tutto ha vita. Tutto si muove. Tutto ha psyche, il movimento, la vitalità.
Da dove procede il moto? Che cosa causa il movimento, chi trasmette a ogni cosa questa capacità di
agitarsi: da dove procede la psyche? Questa psyche che fa avanzare l’acqua sul bagnasciuga della spiaggia rimestandone ciottoli, conchiglie ed alghe, e che poi fa richiamare indietro tutto al mare, come una carezza irresistibile? La psyche che è presente anche nelle nuvole, nelle calamite che possono muovere altri oggetti, nei pianeti, nei pesci, negli umani? Nell’universo nulla avviene per caso, perché tutto è connesso.
Nemmeno la psyche sfugge alla rete di causa-effetto, che lega e connette ogni cosa, c’è sempre una causa,
poi la causa della causa, e quella antecedente, e quella ancora prima.
Tutto è connesso, tutto ha una causa materiale, una realtà ultima, la physis. Qual è la struttura
dell’universo, di cosa siamo fatti, da dove veniamo, dove andiamo?
Talete guardava quel mare profondo che si estendeva fino all’orizzonte. Vedeva come l’acqua imprigionata nelle pozze naturali tra le pietre si ritirava nelle giornate calde, per lasciare posto al sale. L’acqua infatti evaporava, liberandosi nell’aria, per poi tornare liquida come pioggia, o solida come neve, così come appariva nelle vette dei monti delle regioni più interne. Quell’acqua così piena di psyche doveva essere la natura stessa delle cose, la physis del cosmo intero, per la sua grande capacità di presentarsi solida, liquida o gassosa, di adattarsi a ogni forma quando liquida e di mantenere quella forma quando solida.
Talete si rallegrò per la sua intuizione. Aveva intuito il principio del cosmo.
Un cosmo pieno di armonia e di divinità, dove gli Dei erano l’antica eterna presenza rassicurante e ordinatrice degli eventi caotici della physis, i guardiani dell’universo, a monte della sacra catena della psyche, su un universo la cui natura intrinseca era l’acqua.
(Talete di Mileto, 640 aec/625 aec – 548 aec/545 aec: filosofo, astronomo e matematico).
Mario Basile