Evola: il cristianesimo come “sincope della tradizione romana”. L’appello al paganesimo

ParnasoPoiché le considerazioni di Evola si differenziano da quelle di Guénon, nel senso che non solo sono più radicali e definite, ma sono anche quelle che meno si prestano ad equivoci, reputiamo opportuno esporre, attingendo direttamente alla fonte, ciò che Evola pensa e dice di una religione che considera – in riferimento alla civiltà classica – “anomala per l’Occidente”.

Nell’illustrare la sua equazione personale, Evola mette in risalto le due disposizioni che caratterizzano la sua natura: un impulso alla trascendenza ed un impulso all’azione ed all’affermazione, quest’ultima impulso essendo proprio del “guerriero” in senso lato (1).

La seconda disposizione, quella da Kshatriya, fu quella che gli “fece sentire valori e realtà … del mondo di una civiltà gerarchica, aristocratica e feudale…” e che lo portò a quell’interesse agli avvenimenti storici. anche contemporanei, che la prima disposizione (l’impulso alla trascendenza) tendeva a far considerare estranei. Per ciò egli si trovò il cristianesimo e il cattolicesimo  in contrasto “sia con la tradizione predominante in Occidente, sia … col mondo moderno“(2).

Da giovane, il suo incontro con Nietzsche lo aveva portato ad una opposizione al cristianesimo, religione che nei suoi studi specifici sentiva come assolutamente estranea (3). Tuttavia, nel medesimo contesto, sente di dover precisare “Se in un successivo periodo ho riconosciuto alcuni aspetti validi, tradizionali, del cattolicesimo, in ciò si è trattato di un fatto soltanto intellettuale, di un dovere di obiettività; il quid specificum del cristianesimo continuando a non trovare risuonanza alcuna nella mia natura”.

Pertanto, egli dovette aprirsi la via verso la spiritualità sovra mondana, senza alcun rapporto con la tradizione cattolica che aveva “scarso interesse a dar risalto, soprattutto nello sfondo di una sacralità e dell’alta ascesi, al senso interno di simboli, riti e sacramenti”.

Nel capitolo intitolato “Parentesi sul cattolicesimo esoterico e sul tradizionalismo integrale” di Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo (3a ed.,1971) Evola si rifà ad alcune vedute di René Guénon circa l’idea “d’una unità interna, trascendente, delle religioni”, vista come adattazioni, in determinate aree e in determinati periodi storici, di un insegnamento unico e, non senza riserve, è disposto a riconoscere una dimensione tradizionale al cattolicesimo. Ciò in astratto, in concreto concludendo: “Un cattolicesimo che s’innalzi al livello di una tradizione veramente universale, unanime e perenne – ove la fede possa integrarsi in realizzazione metafisica, il simbolo in via di risveglio, il rito e il sacramento in azione di potenza, il dogma in espressione di una conoscenza assoluta ed infallibile perché non umana e come tale vivente in esseri disciolti dal vincolo terrestre attraverso una ascesi, ove il pontificato riveste una sua funzione mediatrice originaria – un tale cattolicesimo potrebbe soppiantare ogni spiritualismo, presente o futuro. Ma osservando la realtà, questo è forse qualcosa di più di un sogno?” (4).

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L’Evola – Kshatriya allora non si trattiene dal denunciare per buona misura la “funzione, anche negativa, che cristianesimo e cattolicesimo ebbero nel mondo occidentale quali forze storiche (5), pur non avendo difficoltà a riconoscere che di fronte a1le confusioni e deviazioni ‘spiritualistiche, i1 cattolicesimo poteva ancora mantenere un significato: quello del meglio che niente (6).

E torna sul punto: “Il riconoscimento di taluni aspetti tradizionali del cattolicesimo era, per altro, limitato al piano specifico dei problemi trattati (la difesa della personalità, i pericoli dello ‘spirituale’, il senso del vero soprannaturale): per il resto, come ho detto, si trattava di una considerazione sul piano astratto, soltanto dottrinale (7).

Nella seconda parte di Rivolta contro il mondo moderno Evola dà un’ interpretazione della storia su base tradizionale, interpretazione in chiave di regresso “di un crescente distacco dal sovramondo. Così vede il cristianesimo come una “sincope della tradizione romana, epperò della stessa tradizione occidentale. E ad un certo punto chiarisce: “Il carattere composito del cattolicesimo non va dimenticato. Si è già visto che là dove si è manifestato come una forza d’ordine e di gerarchia, fornendo un sostegno all’uomo europeo, là furono soprattutto influenze del mondo romano-germanico ad agire. Là dove invece nel cattolicesimo si affermò la componente propriamente cristiana, esso agì in Occidente in senso più antitradizionale che tradizionale” (9).

Quando scende sul piano dell’azione politica, Evola, nel discorrere della possibilità di far leva su un tradizionalismo cattolico respinge come espressione di faziosità il Nulla salus extra ecclesiam (10), nonché la pervicacia della Chiesa nel pretendere dì privare di  carattere spirituale ogni e qualsiasi idea politica. Polemizza, conseguentemente, con quei tradizionalisti cattolici che presumono esser il cattolicesimo l’unica vera religione e cercano di abbellirlo con riferimenti ad aspetti di questa o quella tradizione e denominano come “prefigurazioni” le mutuazioni e le usurpazioni. Respinge sia l’idea di uno Stato laico sia quella di uno stato clericheggiante, affermando nettamente, l’idea del Sacrum Imperum: “Uno Stato che non abbia una dimensione spirituale ed una legittimazione dall’alto non può nemmeno chiamarsi Stato”.

La sua critica su una tale idea dello Stato, non esclude lo stesso fascismo, cui Mussolini rivendicava un valore “religioso”, rimasto, nel fatti, una mera formulazione filosofico-politica.

D’altronde Evola non fa confusione di livelli e considera che “la situazione generale dell’epoca e il significato che in Italia ha avuto il cattolicesimo dovevano però impedire al fascismo dì affrontare direttamente il grave problema del crisma ultimo dello Stato, benché ad esso si sarebbe dovuti esser portati, fra l’altro, anche per le naturali implicazioni di una vera coraggiosa, ripresa dell’idea romana” (11).

Si dice, a torto, che vola abbia ripudiato suo primo libro di indirizzo politico apparso nel 1928, nell’imminenza, quindi, della stipulazione del concordato (11.2.1929) e significativamente intitolato Imperialismo pagano: i due termini furono da lui considerati successivamente troppo carichi di significato negativo per essere assunti a parole chiave per un discorso costruttivo.

In verità, Evola affermò più volte che non vedeva le ragioni di una  ristampa perché quel libro era stato scritto in riferimento ad una particolare  – ed irrepetibile – situazione italiana, a parte il fatto che lo considerava un “libretto di battaglia” privo di più vasti piani di riferimento e non privo di qualche equivoca formulazione, come quella relativa ad una “maldefinita tradizione mediterranea”.

Com’è noto, l’appello rivolto al fascismo, di non voler riconoscere il cattolicesimo se non come una religione tra le altre e di volersi incentrare, invece, nella tradizione romana, cadde nel vuoto: come se non fosse stato mai fatto. Il concordato fra il Regno d’Italia e la Chiesa di Roma fu firmato: al cattolicesimo fu riconosciuta la qualità di religione dello Stato; Mussoliní divenne “l’Uomo della Provvidenza”. Il che non impedì che nel 1945 fosse ad essa abbandonato dal cardinale Schuster. La politica, agendo sul piano pratico, tiene conto dei rapporti di forza e non disdegna né i compromessi, né le riserve mentali.

Al fascismo e a Mussolini, firmatario del concordato del 1929, non si può imputare la colpa di aver fatto politica, né di aver fatta una scelta, rivelatasi sbagliata al senno del poi e secondo un ottica laicista. Si trattava comunque di una scelta tra due termini – questa volta in un’ottica nostra – tra due termini eterogenei; da un lato il mito del Sacro Impero e dall’altro il consenso di milioni d’uomini che, allora, di romano non conoscevano altri che il papa, papa che solo quattro anni innanzi aveva istituito la festa di Cristo Re, riaffermazione dell’autorità spirituale della Chiesa su ogni potere temporale.

Claudio Rutilio

(da La Cittadella n° 2 – Ott./Dic. 1984)

1)         Il cammino del cinabro, 1963, pag.12

2)         Ivi, pag.13

3)         Ivi, pag.14

4)         Maschera e volto, cit.pag.145

5)         Ivi, pag.144, in nota

6)         Il cammino del cinabro, pag. 132. Ma Saxigenus (Difficili scelte del tradizionalista contemporaneo) in Solstitium A.V. n. 3-4 è molto più aperto dello stesso Evola: “La religione cattolica possiede, invece, un solido e sperimentato complesso di dottrine e riti che, se da un lato circoscrivono 1’essere umano distogliendolo da altre possibili realizzazioni, dall’altro lo proteggono e lo innalzano, esercitando su di esso un’indiscutibile azione  anagogica …”. Ciò l’autore afferma per obiettività e per onesta valutazione.

7)         Il cammino del cinabro, cit, pag. 133

8)         Rivolta contro il mondo moderno, cit., pag. 438

9)         Ivi

10)       Gli uomini e le rovine, 2a ediz, 1967, pag.150 segg,- L’autore riconosce un mutato atteggiamento della Chiesa al riguardo, in base alle indicazioni del Concilio Vaticano II

11)       Il fascismo visto da destra, Volpe, 1979, pag.31.