Alla scoperta del Tempio di Diana e del Ninfeo di Caligola a Nemi: la storia, lo stato attuale e le prospettive

 

La Via Sacra che conduceva al Tempio di Diana di Nemi

Novembre è il mese di Diana, l’antica divinità italica poi romana venerata in particolare a Nemi  sui Colli Albani in un grande e antichissimo santuario eretto a ridosso dell’omonimo lago che si riteneva sacro e porta degli inferi (al pari dell’Averno). Il tempio era uno dei più importanti centri religiosi e politici della Lega latina. La leggenda narra che nel bosco del tempio crescesse un albero di cui era proibito spezzare i rami; solo ad uno schiavo fuggito era concesso di cogliere una delle sue fronde (la stessa fronda che Enea raccolse per affrontare il viaggio nel mondo dei morti); se riusciva nell’impresa, acquisiva il diritto di battersi con il re/sacerdote custode; se lo uccideva, diventava di diritto il Rex Nemorensis. La leggenda si tradusse in norma, tanto che in età romana, sino almeno all’età degli Antonini, era ancora prescritto che la successione al sacerdozio del santuario venisse conferita al vincitore di un duello.

Le fondamenta del Tempio di Diana di Nemi

Caligola fu l’imperatore che più si adoperò per il tempio di Diana (sono note le sue due gigantesche navi cerimoniali ormeggiate a Nemi, recuperate da Mussolini e distrutte nel 1944, di cui parleremo in un prossimo articolo) ed ebbe un ruolo strategico nel rinnovare l’apparato decorativo del santuario, inserendo uno splendido ninfeo e corredi di statue della famiglia Giulio/Claudia sulle strutture arcaiche erette a fine IV- inizi III sec. a.c. e rimaneggiate in epoca tardo-repubblicana. Abbandonati con l’avvento del cristianesimo e spogliati dei marmi e delle decorazioni, tempio e ninfeo furono utilizzati come cave, e poi il bosco li ricoprì del tutto. A partire dal XVII secolo alcuni scavi riportarono alla luce molti reperti, oggi esposti in musei di città europee.

Siamo andati a visitare l’area archeologica che si estende su oltre 5000 metri quadri: ecco come appare oggi nella sequenza fotografica.

I nicchioni per le statue sotto il Ninfeo di Caligola. Il bosco ha ricoperto l’area

Lo stato sembra di semi abbandono, anche se un recente articolo del Messaggero (5 ottobre scorso) ha annunciato una prossima sistemazione e rilancio della zona, da poco acquisita dal Comune di Nemi. La parte templare arcaica è in posizione ribassata rispetto ad una “quinta” terrazzata, non lontana dal santuario, ove sorgeva il gigantesco ninfeo di Caligola. Il santuario presenta rimaneggiamenti e restauri con opus tipicamente romano che lo rimodellano, accorciandolo e allargandolo, conservando però la posizione della camera centrale che doveva ospitare il simulacro di Diana.

Gli ambienti di servizio al Tempio, a ridosso della collina

Dietro il tempio, a ridosso del monte, sono ancora presenti i resti degli ambienti di servizio. Seguendo verso il lago incontriamo il vasto terrazzamento artificiale che ospitava il ninfeo, ora coperto da vegetazione, e che presentava un emiciclo situato sopra una platea, accessibile attraverso scalinate, circondata da due portici, con colonne intonacate di rosso e peperino grigio. Da lì si doveva godere una vista mozzafiato sullo specchio d’acqua di Nemi. Sotto l’area del ninfeo sono poste grandi nicchie semicircolari, ancora erette, che accoglievano sculture: sono visibili parte del pronao con l’altare votivo ed alcune colonne.  Oltre a muri, nicchie, colonne e fondamenta, sono tornati alla luce statue in terracotta, vasi con iscrizioni sacre a Diana, oggetti votivi.

L’ipotesi ricostruttiva del Ninfeo di Caligola

L’ultima campagna di scavo permetterà la ricostruzione in 3d del tempio e del ninfeo grazie alle ispezioni aeree effettuate, per la prima volta, utilizzando un drone, frutto della partnership tra Soprintendenza e Politecnici di Milano e di Monaco.